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giovedì 28 marzo 2024

Archi-tè: incontro sull’immagine della biblioteca nel cinema

24-02-2015

Martedì 24 febbraio Sandro Bernardi parlerà dell’immagine della biblioteca nel cinema, nell’ambito del ciclo di incontri dell’Archi-tè, alle ore 17.00 alla Biblioteca di Architettura dell'Università di Firenze (Palazzo San Clemente, Via Micheli 2).
Mettiamo da parte il ruolo piuttosto modesto che ha la biblioteca nel cinema americano, dove per lo più viene frequentata come emeroteca o archivio di storia cittadina, frequentata in genere da un detective in cerca di notizie sul passato di qualcuno, e mettiamo da parte anche i film come Hannibal (2001), in cui la biblioteca è solo una scenografia suggestiva per fare scorribande negli immaginari orrori del passato e dare a questi una legittimazione documentale.
Consideriamo invece alcuni film e alcune opere letterarie che possono aiutarci a capire il ruolo della biblioteca nella nostra cultura. Non sempre, dobbiamo dire, il ricordo è un valore assoluto. Non sempre mondo di carta e mondo di vita sono compatibili.
In un racconto di E.M.Forster, la perdita di una cassetta piena di libri diventa simbolo dell’incompatibilità fra la vita vissuta e quella passata a studiare. In un altro racconto di Pirandello, Mondo di carta, un vecchio signore divenuto cieco paga una ragazza perché gli legga i suoi libri, ma non ritrova nella lettura della donna quello che lui aveva letto, e la caccia via disperato: nessuno deve toccare il suo mondo di carta. Lo confronteremo con un film tratto da Pirandello, Il fu Mattia Pascal, di Marcel L’Herbier (1925), girato a San Gimignano, uno dei più rari esempi dell’avanguardia cinematografica futurista.
Un altro racconto, questa volta di J.L.Borges, troviamo questa frase iniziale: “L’universo, che altri chiamano la biblioteca, si compone di un numero indefinito, e forse infinito, di gallerie esagonali”. Il paragone va immediatamente all’alveare. Lo confronteremo con un film di J.J. Annaud, Il nome della rosa, ricavato dal romanzo omonimo di Umberto Eco.
In una poesia di Jules Supervielle, Oublieuse mémoire (1945), il poeta rammarica che la memoria non restituisca mai le cose così come le vengono consegnate. E’ così? La confronteremo con un film di A. Resnais, Toute la mémoire du monde (1956), in cui la macchina della Biblioteca nazionale di Parigi dispiega tutta la sua poderosa massa struttura per la conservazione del nostro passato.
Ma riesce la memoria nel suo compito di ricordare? Fin dalle origini del cinema molti utopisti hanno sognato di archiviare tutto il mondo e tutta la storia in immagini. Fra questo almeno due dobbiamo ricordarli Boleslaw Matuszewski (che progettò il Motion Pictures Historical Depository nel 1998) e Albert Kahn che fra il 1919 e il 1929 girò i cinque continenti archiviando immagini fotografiche e cinematografiche di tutto il mondo, fondatore della prima cattedra di geoetnoantropologia del mondo.
La biblioteca in questi film mostra la sua strana posizione di confine fra alcuni degli aspetti più contraddittori della vita umana:
1) Il caos e l’ordine. Il mondo di vita e il mondo di carta
2) Il finito e l’infinito, l’archivio come aspirazione utopica all’infinito e la vita come finitezza
3) L’oblio e il ricordo. La memoria può ricordare solo dimenticando

Info: www.sba.unifi.it