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sabato 20 aprile 2024

Festival dei Popoli: omaggio al regista ucraino Sergei Loznitsa

02-11-2019

Un testimone che attraversa un lungo percorso che parte dal passato, attraversa il presente e guarda al futuro è l'emblematico protagonista del manifesto della 60esima edizione del Festival dei Popoli – Festival Internazionale del Film documentario –a Firenze dal 2 al 9 novembre a Firenze, in vari luoghi della città. Oltre al cinema La Compagnia, sala principale del festival, Spazio Alfieri, Istituto Francese di Firenze, Cinema Stensen, Auditorium di S. Apollonia, Mediateca Regionale Toscana, Spazio Ottagono delle Murate, ZAP Zona Aromatica Protetta, BUH! Circolo Culturale Urbano.

“In occasione della 60a edizione – ha spiegato Alberto Lastrucci, direttore del Festival dei Popoli - proponiamo un’immagine che evoca il lungo percorso e l’ininterrotta attività del nostro festival che, fin dalle origini, si propone di essere un ‘testimone del suo tempo’, ma anche un avvistatore delle nuove tendenze in avvicinamento (cinematografiche, culturali, sociali, politiche, ecc.). L’immagine presenta la figura emblematica di un testimone che, attraverso decenni caratterizzati da strumenti tecnologici in continua evoluzione, mantiene inalterato il suo ruolo di osservatore, cronista, story-teller. Un simbolo di tutte le autrici e di tutti gli autori dei "racconti del mondo" che compongono il programma”.

Il festival annuncia anche la sezione speciale per il 60° anniversario, chiamata "Diamonds are Forever" e curata da Daniele Dottorini, che ripercorre gli ultimi sessanta anni di cinema documentario per riscoprire una costellazione di pietre preziose, di gioielli da riportare alla luce. Frutto del talento folgorante di autrici ed autori di fama internazionale, i 20 titoli che compongono questa sezione, presentati nelle passate edizioni, dal 1959 a oggi, costituiscono autentici "momenti di grande cinema", qui riuniti a comporre un collier dal valore inestimabile. Da “Titicut Follies” di Frederick Wiseman a “Don’t Look Back” di D.A. Pennebaker entrambi del 1967; da “Les Enfants Jouent a la Russie” di Jean-Luc Godard a "First Love" di Krzysztof Kieślowski del 1974; da "Sud" di Chantal Akerman a "Harat" di Sepideh Farsi: un'occasione unica per vedere, o rivedere, opere che hanno anticipato il cinema del futuro e che continuano a farlo ancora oggi.

Uno degli eventi protagonisti della 60esima edizione del Festival dei Popoli è l’omaggio al regista ucraino Sergei Loznitsa con un programma speciale (retrospettiva e masterclass) di opere scelte tra i documentari e i film a soggetto che comprenderà il suo nuovo lungometraggio State Funeral, presentato Fuori Concorso alla 76esima Mostra del Cinema di Venezia, sul funerale di Joseph Stalin (con filmati d'archivio unici e in gran parte inediti).

Filmati d’archivio unici, in gran parte inediti, mostrano il funerale di Joseph Stalin, culmine del culto della personalità del dittatore. La notizia della morte di Stalin, il 5 marzo 1953, fu uno shock per l’intera Unione Sovietica. La cerimonia della sepoltura fu seguita da decine di migliaia di persone a lutto. Osserviamo ogni fase dello spettacolo del funerale, descritto dalla Pravda come “il Grande Addio”, e possiamo accedere, come mai prima, all’esperienza spettacolare e assurda della vita e della morte nel regno di Stalin. Il film evidenzia che il culto della personalità di Stalin era una forma di illusione indotta dal terrore. Approfondisce la natura del regime e della sua eredità che ancora perseguita il mondo di oggi.

La morte di Stalin ha significato la fine di un’epoca. Senza nemmeno rendersene conto, i milioni di persone che piangevano il leader nel marzo 1953, stavano anche vivendo un’esperienza epocale nelle loro storie personali. È per me fondamentale condurre lo spettatore in questa esperienza non come imparziale osservatore di un evento storico o un cultore di rare riprese d’archivio, bensì come partecipante e testimone di uno spettacolo grandioso, terrificante e grottesco, che rivela l’essenza di un regime tirannico.
Considero questo film uno studio visivo sulla natura del culto della personalità di Stalin e un tentativo di smontare il rituale che era parte delle fondamenta del regime sanguinoso. È impensabile che oggi, nella Mosca del 2019, 66 anni dopo la morte di Stalin, migliaia di persone si riuniscano il 5 marzo per deporre fiori e piangerlo. Penso che sia mio dovere di regista sfruttare il potere delle immagini documentaristiche per fare leva sulle menti dei miei contemporanei e cercare la verità. Sergei Loznitsa.

Loznitsa, cineasta ucraino di fama internazionale, ha ritratto la provincia russa con i suoi primi cortometraggi, mettendo poi a nudo i paradossi e le storture della dittatura sovietica attraverso la serie di documentari nati dall'esplorazione dell'Archivio Documentario di San Pietroburgo, seguitando il racconto della Russia moderna anche nelle sue opere di finzione, fino ad affrontare le tragiche vicende della guerra russo-ucraina. I suoi film sono stati proiettati e premiati dalle più autorevoli istituzioni del mondo, valendogli numerosi premi e riconoscimenti tra i quali il Premio per la Miglior Regia di Un Certain Régard a Cannes 2010 e il Premio per il Miglior Lungometraggio al Festival dei Popoli 2014.

La 60esima edizione del Festival dei Popoli è realizzata con il contributo di MiBACT - Direzione Generale Cinema, Programma Europa Creativa dell'Unione Europea, Regione Toscana, Comune di Firenze, Programma Sensi Contemporanei Toscana per il Cinema, Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze, Fondazione Sistema Toscana.

Per maggiori informazioni: www.festivaldeipopoli.org

JB