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martedì 23 aprile 2024

Mostra fotografica ''Mimesi'' di Gaetano Terrana al Golden View Open Bar

10-04-2015

S’inaugura venerdì 10 aprile 2015 alle 19.30 presso il Golden View Open Bar (Via de Bardi 58/r) di Firenze la mostra fotografica "Mimesi" di Gaetano Terrana. Il progetto si compone di sei fotografie in light box che il giovane artista siciliano ha realizzato in Serbia nel 2013. Le protagoniste sono due giovani donne dalla bellezza fragile ed eterea che sembra essere proiezione di ciò che le circonda: uno spazio abbandonato, colmo di materiali ed oggetti che Terrana ha recuperato e trasformato in elementi significanti. Nei suoi lavori, infatti, i luoghi non fungono soltanto da sfondo, ma offrono spunti ispirativi e suggestioni che si concretizzano sul piano visivo in un processo mimetico attraverso cui figura e spazio si identificano, diventano una sola cosa. La scelta del luogo diventa quindi un momento centrale nel suo processo creativo, come conferma l’artista: Ciò che mi emoziona è andare alla scoperta dei non luoghi, cioè spazi carichi di un vissuto così forte che smuove la mia curiosità e mi fa rivivere quel senso di meraviglia che ci appartiene nell’infanzia e che perdiamo con l’età adulta. In questi luoghi che altri hanno abbandonato, vado alla ricerca di oggetti che raccontano memorie perdute che faccio rivivere rendendoli protagonisti delle mie creazioni fotografiche. Sulla scelta dell’ambientazione di Mimesi - una soffitta abbandonata - Terrana spiega: Questa soffitta mi ha subito emozionato; ho sentito un’energia particolare, qualcosa di magnetico, che mi ha convinto a farne il set di Mimesi. L’emozione è soltanto il primo passo di un percorso che subito dopo mi porta ad esplorare il luogo, valutando la luce, gli oggetti presenti, i materiali che potrò riutilizzare. In questo caso ho trovato, tra l’altro, delle vecchie tende che ho adattato al corpo delle due giovani protagoniste, una vasca da bagno di fine Ottocento e dei rami secchi che ho inserito nell’acconciatura delle ragazze. Per quanto riguarda l’illuminazione, ho sfruttato la luce naturale cercando di ottenere un effetto che richiama le origini della fotografia, in particolare il così detto “fantasma fotografico”, cioè una luminosità nebulosa e morbida che ho ricreato naturalmente, senza fare ricorso alla post produzione fotografica. In quest’occasione,il mancato uso del foto ritocco nasce da una precisa finalità espressiva e non da un rifiuto delle tecniche di post produzione: Non sono contrario agli strumenti che consentono di ritoccare o modificare l’immagine fotografica. Nel caso di Mimesi l’intervento tecnologico avrebbe distrutto la poesia che ho trovato in quel luogo e che ho voluto immortalare per come mi è apparsa. In altri casi, invece, mi servo della post produzione per rendere l’immagine emozionante, dargli un’anima e quindi avvicinarla a ciò che sento di voler esprimere. Nel progetto Mimesi, come già in altri suoi lavori, si assiste ad una trasformazione del corpo umano, su cui Terrana interviene con la pittura e l’applicazione di tessuti, materiali tecnologici o recuperati. Una metamorfosi che - afferma - muta il corpo in una tela bianca su cui applica oggetti e materiali che fanno parte del nostro quotidiano, dell’ambiente in cui viviamo. Ciascuno di noi è circondato da oggetti che usa quotidianamente e che ad un certo punto cambia, abbandona, sostituisce, dimenticando il valore che quelle cose hanno avuto nella sua vita. Gli oggetti sono la nostra estensione nello spazio, parti noi che si caricano di un vissuto, del nostro vissuto. Applicandoli sul corpo ricostruisco quest’unità tra l’essere umano e l’oggetto che lui stesso ha creato, usato e in fine abbandonato. Le immagini di Mimesi hanno i colori e l’ambientazione di una vecchia pellicola del cinema d’autore: ci proiettano in un mondo che non c’è più, in un passato ormai lontano e in gran parte dimenticato. Un salto indietro nel tempo a cui si contrappone il mondo del futuro che Terrana in più occasioni ha provato ad immaginare popolandolo di uomini cibernetici e creature mutanti. Una visione che sospende il tempo tra ciò che siamo stati e ciò che saremo, eludendo o rimandando il giudizio sul presente.  Non posso rifiutare l’epoca in cui vivo e a cui appartengo - precisa - ma la trovo poco interessante e soprattutto troppo conformista. Guardando al passato, ai suoi valori etici ed estetici, riesco a ritrovare la bellezza del vivere, l’attenzione e la cura nel realizzare le cose, l’eleganza dei modi e dell’essere, il calore dei rapporti umani. Nel futuro invece immagino una tecnologia capace di inventare tutto, di soddisfare ogni nostra necessità, trasformandoci in macchine programmate. L’unica cosa che nessuna tecnologia potrà mai creare è l’anima, quel qualcosa che ci rende vivi, unici e che ci permette di comunicare con i nostri simili senza il tramite di un’interfaccia telematica. Dico questo senza voler demonizzare la tecnologia, di cui io stesso mi servo: in fondo sono costretto ad amare ciò che rinnego, perché ciò che rinnego è ciò che sono, è ciò che siamo.  

La mostra, a cura di Daniela Pronestì e Roberta Fiorini, è promossa dallo spazio curatoriale Simultanea Spazi d’Arte a Firenze (Via San Zanobi 45 r), con la presentazione di Andrea Granchi.

L’esposizione resterà aperta fino al 20 aprile e sarà visitabile tutti i giorni dalle 7.30 alle 01.00.

Per info: www.gaetanoterrana.com