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giovedì 28 marzo 2024

Estate a San Salvi: "La peste" di Camus nel nuovo spettacolo teatrale dei Chille de la balanza

20-06-2021
I Chille e San Salvi ripartono! La compagnia teatrale residente nell’ex-città manicomio di Firenze lo scorso anno riaprì 15” dopo la mezzanotte del 14 giugno e a gennaio inventò una Giornata di resilienza del Teatro e dello Spettatore assumendo 5 Spett-Attori per un’edizione dal vivo di “Napule’ 70”, evento che oggi è il docu-film Riflettendo Napule ’70. I Chille de la balanza ripartono con una nuova produzione teatrale da “La peste”, liberamente ispirata all’’omonimo romanzo di Albert Camus. Lo spettacolo è in scena da domenica 20 a martedì 22 giugno 2021 alle ore 21.30 ed apre Estate a San Salvi n. 23, il cui sottotitolo gramsciano recita: Il mondo è una unità. Si voglia o non si voglia.

“La peste” nasce da un lungo percorso di laboratorio diretto da Claudio Ascoli e Sissi Abbondanza: in scena Alessio Biblioteca, Camilla Castellani, Ginevra Emeri, Tommaso Ferrini (autore anche delle musiche originali), Silvia Licciardo. Giulia Marcie, Benedetta Marra, Beatrice Massaro, Tommaso Matteuzzi, Umberto Moretti, Lorenzo Pellegrini e Rosario Terrone (Rieux-Camus); disegno luci di Matteo Pecorini, foto di scena Paolo Lauri.

Perché in questo momento i Chille hanno scelto Camus e perché proprio “La peste”? Ascoli lo motiva citando poche frasi dello scrittore-filosofo francese: “Ci sono negli uomini più cose da ammirare che da disprezzare.” “Un romanzo non è mai altro che una filosofia tradotta in immagini.” ”Niente è inutile.” “Non è la lotta che ci obbliga ad essere Artisti, è l’Arte che ci obbliga a lottare.”

L’Artista per Camus, sottolineano i Chille, non è un dispensatore di certezze, ma di dubbi. Non è un uomo semplicemente seduto, ma non è nemmeno quello blindato in un impegno ideologico. Un romanzo come “La peste” — scritto negli anni Quaranta da un uomo poco più che trentenne— andrebbe letto con queste frasi nelle orecchie.

I singolari avvenimenti che danno materia a questa cronaca si sono verificati nel 194… a Orano. Era opinione diffusa che capitassero nel luogo sbagliato, trattandosi di avvenimenti un po’ fuori dall’ordinario. E Orano è invece, a prima vista, un posto comunissimo, una semplice prefettura francese della costa algerina”. E’ questo l’incipit di una delle più famose e inquietanti opere della letteratura mondiale di tutti i tempi: ci immerge nell’ordinarietà di un luogo che è Orano ma che oggi potremmo tranquillamente chiamare Codogno o Wuhan. Una città senza natura, dove tutti – non si sa perché – corrono veloci da un capo all’altro.

“La peste”, considerata una metafora di quella spaventosa epidemia che negli anni quaranta dilagò in Europa con il nome di nazionalsocialismo, oggi, a più di settant’anni dall’uscita del libro, richiama purtroppo un’interpretazione fedelmente letteraria di ciò che descrive. L’emergenza pandemica ritorna a ricordarci quanto siamo esposti a nuovi e invasivi patogeni e come la loro diffusione sia ancora in grado di modificare radicalmente rapporti, relazioni, vita sociale e culturale, economia e diritti: chi avrebbe mai immaginato che non una singola, limitata città, ma un’intera nazione e poi un continente e infine il mondo diventasse un enorme, impensabile spazio recluso?

Come potremmo reagire noi? Si chiedono i Chille. Noi, in quanto collettività e io, in quanto individuo? E’ una storia che riguarda tutti, fa dire Camus ad uno dei personaggi centrali del romanzo, sottolineando quella responsabilità collettiva, che ricorre spesso nei suoi scritti.

Alla fine del romanzo, anche la peste degrada, si attenua, perde virulenza. La quarantena è annullata. E la vita riprende a scorrere. Il paese è in festa, tutti ballano, ma le solitudini restano.

Camus, e i Chille con lo scrittore, evidenziano che – sembra - tutti vogliano pensare che la peste possa venire e se ne possa andare senza che il cuore dell’uomo ne sia modificato: ma può essere così? Si può attraversare il male senza esserne toccato?
Oggi noi riflettiamo che anche l’epidemia di coronavirus sembra stia passando. Lascerà strascichi, com’è inevitabile. Ma soprattutto lascerà anche un senso profondo di amarezza su come si continui a reagire, con i medesimi meccanismi del passato, a eventi di cui già abbiamo vissuto esiti tragici.

Ancora una volta Camus, impenitente umanista, con la sua sensibilità, forse ci aiuta a capire. “Io mi sento - fa dire lo scrittore al suo doppio, il dottor Rieux – io mi sento più solidale coi vinti che coi santi. Non ho inclinazione, credo, per l’eroismo e per la santità. Essere un uomo, questo m’interessa.”

A San Salvi un inizio d'estate speciale in quella che sarà, nel bene e nel male, un'estate speciale per tutti.

Per gli spettacoli ingresso intero 12 €, ridotto Coop-Arci 10€; posti limitati e prenotazioni obbligatoria con pagamento anticipato: informazioni tel. 3356270739 – mail info@chille.it