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venerdì 29 marzo 2024

Italia - Brasile 3-2

14-01-2004
Chi non ha esultato tre volte vedendo Pablito Rossi gonfiare la rete carioca in quel caldo luglio ’82? Chi non ha gridato insieme a Gentile strappando la maglia dell’udinese Zico? Chi non ha fremuto ai passi di samba in mezzo al campo del romanista Falcao o di fronte ai colpi di tacco del medico fiorentino Socrates? Al Teatro di Rifredi arriva la nostalgia per un calcio andato, oggi soffocato dai milioni, dalle banche, dai tribunali, dal doping, dal mercato. Ma la poesia in questo racconto di Davide Enia in “Italia- Brasile 3 a 2” riesce a riportarci a quella sfida epica, a quel Davide contro Golia, al piccolo popolo italico, con tutte le sue vergogne, i suoi riti scaramantici, le divisioni campanilistiche, gli odi tra Nord e Sud, la memoria dei terribili anni ’70 di piombo, che, in un pomeriggio caldo spagnolo la sorte, il fato o la bravura, anche gli italiani sanno essere bravi!, cambiò la storia del Paese, che “unificò l’Italia da Aosta alla Sicilia”. 1982 l’anno del “Tempo delle Mele” e di “Indiana Jones”, del caso Calvi, della scoperta dell’AIDS, di Israele che invade il Libano, di Riccardo Fogli che vince il Festival dei Fiori con “Storie di tutti i giorni”. Gli occhi del giovane Davide, classe ’74, rivelazione della scorsa stagione teatrale, che il Teatro di Rifredi celebra e premia con questa piece calcistica fino al 9 gennaio ed inaugura la nuova performance “Schegge, studio su maggio ‘43” il 10 e l’11, si muovono attorno ai ricordi degli otto anni, la televisione a colori, le mille sigarette dei parenti assiepati, il padre con il classico “minchia ad intervalli irregolari”, la madre che faceva il tifo soltanto per il “bellissimo Cabrini”, mentre “il generoso Ciccio Graziani” era sempre a terra sanguinante. Alla maniera di Stefano Benni ne “Il bar dello Sport”, un po’ Antonio Albanese nella mimica gestuale. Epica ed epopea si fondono con i racconti strabilianti di una famiglia palermitana, di una normale famiglia italiana incollata alla tv, unita da una maglia azzurra contro i marziani brasiliani, contro il destino. Accompagnato dalle musiche dal vivo degli ottimi Settimo Serradifalco e Salvatore Compagno alla chitarra e percussioni, il “cunto” veleggia, tra risa e lacrime, scivolando ora su una samba verde oro, ora sull’italica tarantella, ed ancora danze brasilere o ritmi spagnoleggianti. Anche i brasiliani parlano siciliano. L’ironia è all’ennesima potenza tra il dialetto siculo ed i titoli di giornale contro il “mmmagro” Paolo Rossi quando il racconto cambia piega: la storia di “Garrincha”, ala destra poliomielitica campione del mondo brasiliana e il ricordo della grande Dinamo Kiev fucilata nel cerchio di centrocampo per aver vinto contro i tedeschi durante l’occupazione nazista della Ucraina. Il cuore in gola ma non c’è tempo per le lacrime cominciano i secondi quarantacinque minuti. Le parate del “quarantenne Zoff”, le geometrie dei campioni brasiliani, i riti casalinghi si fondono nel balbettio balbuziente delle azioni più pericolose, anti- carosiane, anti- martelliniane, come radio ad intermittenza, onde magnetiche disturbate. L’Italia siamo noi, siamo noi questo piatto di grano.